Luisa Tinazzi

incisore e pittrice

Critica

…la tecnica dell’incisione (acquaforte e puntasecca),è un’arte molto particolare rispetto alla pittura, una sfida che ha varie tappe prima di arrivare al risultato finale, segnato dal contrasto netto bianco-nero.
Sua caratteristica: l’amore per la natura, per le radici del passato, per i luoghi dell’infanzia e della memoria; diverso, ma ugualmente intenso, è il sentimento che esprime. Luisa fissa un oggetto (la vigna secolare di villa Balladoro, il vecchio rastrello) e lo consegna ai posteri come emblema di una realtà incantata ancora viva in lei. Fatta di persone, animali (il falco), alberi e fiori. Altra sua peculiare caratteristica è l’attenzione ai particolari, anche quelli che sfuggono allo sguardo superficiale e distratto: per lei la vita è in ogni essere, in ogni angolo e va colta con meraviglia e rispetto, con l’incanto intatto di un bambino.

Povegliano ,1 maggio 2009 “MaybeArt”
Prof Giovanni Biasi

 

La ricerca artistica di Luisa Tinazzi con l’incisione inizia nel III Millennio, quasi a significare l’esordio del suo sviluppo, che contempla successivi piani di relazione, proprio come la stampa d’arte. La dimensione umana è l’elemento intrinseco della sua evoluzione che, nella traduzione grafica, diventa valore estetico e culturale, così l’arte incisoria è diventata la passione cui dedicarsi, anche nell’organizzazione di mostre nella sua città Verona, coinvolgendo le amministrazioni comunali che gestiscono prestigiosi spazi nelle Ville Venete.
Per i risultati significativi nella storia dell’Arte contemporanea, Luisa Tinazzi ha eletto l’arte incisa a suo medium, ne ricerca gli esiti ed incentiva il dibattito collaborando con le Associazioni Venezia Viva, Incisori Veronesi, tra i quali spiccano artisti d’eccezione come Giordano Zorzi, uno dei fondatori dell’Associazione Incisori Veneti.
Il segno è il grafema che caratterizza l’incisore e ne determina lo stile, quello di Luisa Tinazzi è profondo, delimita il campo candido della lastra e lo distingue con fermezza dalle morbide campiture delle frasche o dell’acqua.
 Il genere del paesaggio l’avvince, e viene riverberato nelle stampe d’arte con la magistrale raffinatezza dei maestri Del Novecento, erede della lirica tradizione grafica veneta, che ha il suo capostipite in Giovanni Barbisan.
Il suo sguardo si focalizza nel particolare di un angolo incantato oppure nel mutare delle stagioni; il suo segno, nel tempo, acquista le velature della trasparenze tonali e gli ambienti sono velati dalla speranza di un’eco lontana che non vuole arrendersi alle brutture del tempo; conscia della dramma che coinvolge il sistema Terra, l’artista lancia il suo messaggio per una dimensione etica globale, che concili il suo microcosmo con l’intero Pianeta.

Vicenza, aprile MMXII
Anna Maria Ronchin